La storia della scoperta della soluzione delle equazioni cubiche ha dell’incredibile.
Quello che accadde ci fornisce un interessante punto di vista sulla matematica rinascimentale e ci mostra cosa voleva dire essere un matematico nel XV e XVI secolo.
In tale perido storico i matematici erano soliti sfidarsi pubblicamente in una specie di duelli matematici. Ciascuno sottometteva all’altro un numero di problemi fissato in precedenza. Chi ne risolveva di più vinceva la sfida, conquistando un po’ di fama e la possibilità di essere ingaggiato da un mecenate.
Per questo motivo era comune che i matematici tenessero segrete le proprie scoperte in modo da usarle per creare quesiti che i loro rivali non sarebbero stati in grado di risolvere.
La storia comincia
Il primo a gettare un po’ di luce sul problema di trovare la soluzione all’equazione cubica
$$ax^3+bx^2+cx+d=0$$
fu il matematico italiano Scipione del Ferro. Nato a Bologna nel 1465, suo padre lavorava nel settore della carta che si stava espandendo grazie alla recente diffusione della stampa a caratteri mobili. Questo gli permise probabilmente di avere a disposizione libri altrimenti difficili da reperire.
Attorno al 1505 del Ferro trovò un modo per risolvere le equazioni cubiche del tipo
$$ x^3+px=q$$
cioé quelle in cui non compare il termine al quadrato. E’ probabile che egli utilizzò la sua scoperta per vincere delle sfide matematiche e guadagnare denaro e notorietà, tuttavia non pubblicò il suo risultato.
Solamente in punto di morte del Ferro rivelò il suo segreto a un suo studente, Antonio Del Fiore, che cominciò a vantarsi pubblicamente di essere capace di risolvere questo tipo di problemi.
Si fa avanti un rivale
Nel 1530 un altro matematico, Niccolò Fontana, trovò la soluzione di un diverso tipo di equazione cubica, quella in cui è assente il termine lineare.
Quando Niccolò aveva 12 anni era stato colpito con una spada da un soldato francese durante l’invasione di Brescia da parte delle truppe di re Luigi XII. Niccolò sembrava morto per cui il soldato lo lasciò a terra senza colpirlo ulteriormente. Il ragazzo era ancora vivo ma le ferite ricevute al volto gli provocarono difficoltà nel parlare per tutta la vita. Per questo motivo era soprannominato Tartaglia, cioé “balbetta”.
Del Fiore pensò che Fontana stesse bluffando riguardo alla sua scoperta. Fontana al contrario intuì che il suo rivale era veramente in grado di risolvere le equazioni cubiche senza termine quadratico e con un grande sforzo di studio riuscì in modo indipendente a trovare la stessa soluzione poco prima della sfida.
Fontana era in grado di risolvere due diversi tipi di cubiche e vinse la sfida a mani basse. Risolse tutti i 30 problemi sottoposti da Del Fiore mentre quest’ultimo non riuscì a risoverne nessuno.
Era il 1535 e, come potete immaginare, Fontana non pubblicò le sue scoperte.
Le cose si complicano
Nel 1535 il matematico Gerolamo Cardano invitò Fontana a Milano e lo convinse a rivelargli la soluzione delle cubiche senza termine quadratico. Fontana, forse sperando di ottenere così una posizione come professore a Milano, svelò la sua scoperta facendo giurare a Cardano di non divulgarla.
Dopo un po’ di tempo Cardano scoprì come ridurre ogni cubica nella forma senza termine quadratico, risolvendo così il problema di trovare la soluzione generale. Tuttavia la sua scoperta era collegata al risultato di Fontana per cui non potè pubblicare nulla, per via della promessa che aveva fatto.
A Cardano arrivarono però delle voci secondo le quali del Ferro aveva precedentemente trovato la soluzione di Fontana e riuscì a scovare un manoscritto dove del Ferro aveva annotato il suo risultato. Grazie a questa scoperta Cardano non si sentì più obbligato a mantenere il segreto. Nel 1545 pubblicò i risultati attribuendo a Fontana e del Ferro la paternità della soluzione su cui si basavano.
Fontana non la prese bene e cominciò una disputa con Cardano che sfociò in una sfida tra Fontana e uno studente di Cardano, Ludovico Ferrari.
Lo scontro si tenne a Milano per cui vennero fissate delle regole per favorire il matematico di casa, Ferrari. Parte della sfida doveva infatti essere verbale in modo che Fontana fosse svantaggiato per via delle sue difficoltà nel parlare. Ferrari vinse e le conseguenze per Fontana furono pesanti. Perse la sua posizione accademica a Brescia e ebbe problemi finanziari per il resto della sua vita.
Il lavoro di Cardano e Ferrari sulle equazioni cubiche e quartiche rappresentò un enorme passo avanti per la matematica del tempo e fu di stimolo per altre successive scoperte, in particolare riguardo la natura dei numeri immaginari. Infatti può capitare che nelle formule di risoluzione dell’equazione cubica compaiano numeri immaginari, anche quando la soluzione finale è reale.
Ma questa, come si dice in questi casi, è un’altra storia.