Al momento stai visualizzando Dallo spirografo, alle giostre, fino alla Luna!

Ho un ricordo molto chiaro di quando da bambino passavo dei lunghi pomeriggi a disegnare con l’aiuto di uno strano oggetto. Era fatto di ingranaggi e ruote dentate ed ero affascinato da come quello strumento mi permetteva di tracciare una gran varietà di linee e di come queste linee fossero simmetriche e armoniose.

Lo spirografo

Se non lo avete capito (magari siete troppo giovani per conoscere questo gioco) sto parlando dello spirografo.

Era un gioco semplice da usare, ma dietro quella semplicità si nascondeva un meccanismo affascinante. Era composto un da una serie di ruote dentate di diverse dimensioni che si potevano far ruotare all’interno di un cerchio, anch’esso con dei denti rivolti verso l’interno. Si metteva una penna in uno dei buchi dell’ingranaggio e, facendolo girare, si tracciavano delle linee curve di diversa forma a seconda dell’ingranaggio e del foro che erano stati scelti.

Uno spirografo
Uno spirografo. Immagine di Alexei Kouprianov, CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons.
Funzionamento dello spirografo, animazione creata da MichaelFrey, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons
Disegni ottenuti con uno spirografo.

Uno dei momenti più emozionanti era quando le linee disegnate si chiudevano su loro stesse, creando una figura completa. Il fatto che ciò accadesse mi stupiva molto e mi domandavo come fosse possibile che le curve si ricongiungessero in modo così perfetto.

Spirografo e minimo comune multiplo

Ripensandoci adesso è piuttosto semplice capire come mai le curve si chiudevano sempre! Tutto si spiega tramite il concetto del minimo comune multiplo (mcm).

Dati due numeri, il loro minimo comune multiplo è il più piccolo multiplo comune ad entrambi. Nel caso degli ingranaggi dello spirografo, il numero di denti sull’ingranaggio interno e il numero di denti su quello esterno determinano quanti giri devono essere effettuati per completare la curva.

Prendiamo in considerazione il punto in cui l’ingranaggio interno e quello esterno si toccano. Quando si ruota l’ingranaggio questo punto si sposterà di un certo numero di denti. Quando lo spostamento sarà uguale al minimo comune multiplo tra i due numeri di denti allora l’ingranaggio si troverà nella stessa posizione in cui si trovava all’inizio.

Ad esempio, se il cerchio esterno ha 100 denti e l’ingranaggio interno ha 45 denti il loro mcm è 900. Significa che se il punto di contatto si sposta di 900 denti l’ingranaggio si troverà esattamente nella stessa posizione iniziale. Per fare un intero giro bisogna scorrere per 100 per cui il numero di giri in questo caso è 900/100 = 9.

Da questo ragionamento si capisce che usando lo stesso ingranaggio, indipendentemente dal foro scelto, il numero di giri per completare la curva è sempre lo stesso. Cambiando ingranaggio, il numero di giri necessari invece cambia.

Le ipotrocoidi

Quando ero piccolo ovviamente non lo sapevo, ma le curve disegnate dallo spirografo si chiamano ipotrocoidi.
Le ipotrocoidi sono curve generate dal movimento di un punto su una circonferenza più piccola che rotola senza strisciare lungo una circonferenza più grande. Matematicamente, le ipotrocoidi possono essere descritte da equazioni nelle quali compaiono i raggi delle due circonferenze e la distanza del punto che traccia la curva dal centro della circonferenza più piccola.

Queste curve sono affascinanti per la loro simmetria e la varietà di forme che possono essere create.

Cicli ed epicicli

Generalizzando il concetto delle ipotrocoidi possiamo creare delle curve combinando tra loro due generici moti circolari. C’è un moto circolare principale che descrive la posizione del centro di una circonferenza attorno alla quale si svolge il moto circolare secondario.

Le curve così ottenute non hanno un nome particolare (o almeno, io non l’ho trovato) e si differenziano dalle ipotrocoidi per il fatto che i due moti sono tra loro indipendenti. Nel caso dello spirografo i due moti non sono indipendenti perché l’ingranaggio interno rotola senza strisciare su quello esterno e questa condizione crea un collegamento tra i due movimenti.

Nella teoria geocentrica dell’astronomo Tolomeo il moto dei pianeti attorno alla Terra era descritto in questo modo con il cerchio principale chiamato ciclo (o deferente) e quello secondario chiamato epiciclo. Questo complicato modello era stato inventato per spiegare il movimento dei pianeti rispetto alle stelle che a volte sembra cambiare direzione (movimento retrogrado).

Moto retrogrado di Marte.
Animazione che mostra il moto retrogrado di Marte rispetto alle stelle col passare di alcuni mesi. Animazione creata da Eugene Alvin Villar (seav), CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

Chiaramente descrivendo il moto dei pianeti rispetto al Sole, e non rispetto alla Terra, tutto è più facile!

Un esempio di moto con un ciclo e un epiciclo è quello che fanno alcune giostre, come ad esempio le tazze di Gardaland.

La giostra è formata da un grande cerchio rotante all’interno del quale ci sono altri tre cerchi rotanti più piccoli, ciascuno con tre tazze. Il centro di ciascuna tazza segue allora una linea formata da un ciclo e un epiciclo. Le tazze a sua volta girano su loro stesse per cui il movimento di un passeggero si trova componendo non due ma tre moti circolari.

Un moto simile è anche quello della Luna attorno al Sole. Non è esattamente di questo tipo perché la Terra segue un’orbita ellittica attorno al Sole e la Luna un’orbita ellittica attorno alla Terra. Tuttavia queste due ellissi non sono molto schiacciate e somigliano a due circonferenze. Per questo motivo il moto della Luna attorno al Sole somiglia molto a quello che doveva essere quello dei pianeti attorno alla Terra secondo Tolomeo!

Diagramma dei moti del Sole, di Mercurio e di Venere visti dalla Terra, tratto dall’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica.

Conclusioni

A partire da un vecchio gioco abbiamo parlato del minimo comune multiplo, delle curve ipotrocoidi, di giostre e del movimento dei pianeti e della Luna. Come spesso accade la matematica ci ha permesso di collegare tra loro fenomeni che riguardano situazioni molto diverse, ma che sono descritti da formule simili.

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EnricoDeg

Vivo a Verona e insegno matematica e fisica in un liceo cercando di far comprendere agli studenti la bellezza e l'utilità delle materie scientifiche. Precedentemente ho lavorato per 12 anni nel settore della finanza occupandomi di risk management, modelli stocastici per il pricing di derivati e applicazioni IT in ambito bancario. I miei interessi comprendono gli scacchi, il go, la chitarra, la pallavolo, lo snowboard e ovviamente scrivere e leggere di matematica e fisica!

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